Zainoprofit > Blog > Pianificazione e organizzazione > Advocacy > Advocacy: come costruire una campagna per il cambiamento?

Advocacy: come costruire una campagna per il cambiamento?

Advocacy

Nel sentire comune fare advocacy così come concentrarsi sul lobbying rientra nel campo della politica (parola quanto mai disprezzata) e dei grandi gruppi privati (intesi dai più in maniera pregiudizievole come “gli ammanicati”) più che in quello del non profit. Eppure sollevare questioni di pubblico interesse per ottenere un cambiamento dovrebbe essere al centro della mission di ogni organizzazione che non si vuole fermare al mero assistenzialismo.

Advocacy. Di cosa stiamo parlando?

Quando si parla di advocacy ci si riferisce a un processo finalizzato a far cambiare le politiche, ma anche le pratiche e gli atteggiamenti delle persone e delle istituzioni o delle società.

L’advocacy può essere fatta a qualsiasi livello (locale, nazionale, o anche internazionale) e serve ad introdurre una questione nell’agenda politica, fornendo al contempo una soluzione alla problematica identificata e il supporto per mettere in atto la soluzione proposta. Non solo pressione o campagna di comunicazione fine a sé stessa quindi, ma un vero e proprio lavoro finalizzato a raggiungere un cambiamento, grande o piccolo che sia.

Da dove iniziare? La pianificazione della strategia

La strategia di sviluppo di un’azione di advocacy dovrebbe sempre partire da una attenta analisi del presente su cui costruire un vero e proprio “piano di attacco”.

Come quasi qualsiasi cosa che riguarda le azioni del non profit, anche qui abbiamo sempre a che fare con l’urgenza dettata dal presente e qualsiasi percorso lineare rischia di venire spazzato via dalla novità del giorno. Pensate a quanto il Covid19 ha dovuto cambiare i piani di tutti noi e quindi anche delle organizzazioni! Ma avere un piano generale ci consente di poterlo adattare rapidamente all’attualità consentendoci di sfruttare possibili situazioni che ci possono portare a “passi avanti” e a contenere eventuali imprevisti che rischiano di farci fare “scivoloni indietro”.

Da dove partire per una buona pianificazione di base? Ovviamente dalla definizione della problematica che vogliamo risolvere, andando ad indagare le sue cause e studiando una possibile risoluzione. Quest’ultimo punto ci aiuterà a capire anche chi dovrà essere il nostro interlocutore, a chi proporre la nostra soluzione.

A questo punto il problema individuato e la possibile risoluzione vanno calati nell’analisi del contesto (con particolare attenzione a quelle che sono le resistenze verso il cambiamento che vogliamo ottenere) e dobbiamo creare una vera e propria mappatura di quelli che potrebbero essere i nostri alleati e avversari. Mappiamo dunque tutti i soggetti interessati, i cosiddetti stakeholder.

Una volta che abbiamo chiaro ciò che vogliamo denunciare, ciò che vogliamo proporre, a chi vogliamo proporlo e chi potrebbe aiutarci o metterci i bastoni tra le ruote, è il momento di iniziare a progettare il nostro piano di azione, facendo attenzione a sviluppare non solo l’azione finale, ma anche obiettivi di breve e medio termine su cui poi poter valutare (ed eventualmente aggiustare) la nostra strategia.

Ora possiamo partire? Meglio aspettare ancora e concentrarsi prima sulla costruzione delle alleanze, con cui discutere il nostro progetto ed eventualmente integrarlo, e sulla preparazione delle nostre argomentazioni, sviluppando messaggi chiave.

Una volta che abbiamo la strategia, come agire?

Un’efficace advocacy è fondata sulla comunicazione e sulle relazioni. A nostra disposizione abbiamo tre strumenti: lobbying, mobilitazione pubblica e mass media. Tutti e tre andrebbero usati quanto più possibile in modo integrato.

Dovrà essere nostra premura coinvolgere i leader (intesi come persone che possono provocare il cambiamento che vogliamo) attraverso incontri privati, seminari o conferenze, ma anche attraverso incontri pubblici, feste o eventi. Il modo migliore per portare un leader dalla nostra parte è quello di dargli un pubblico a cui parlare, creargli il piedistallo per diventare la figura di spicco della nostra iniziativa. Tante organizzazioni hanno paura di questo processo, hanno paura di essere usate e cannibalizzate. In realtà, se avete sempre sott’occhio il vostro piano di azioni e lo avete formulato correttamente, è estremamente improbabile che ciò accada: le persone che vi seguono appoggiano la causa, non i volti (comunque utili se non necessari) che la portano avanti!

Oltre ai leader non dimenticatevi di creare dei partenariati anche con chi è lontano da voi: gruppi di persone, associazioni, aziende, istituzioni o partiti si possono unire a voi sul singolo obiettivo. Se cercate qualcuno che sia uguale a voi e che la pensi in tutto e per tutto come voi, vi do uno spoiler: non esiste! E se esistesse ciò sarebbe un problema dato che non avrebbe alcun senso avere due organizzazioni identiche.

Il volto dell’azione

Due paragrafi fa ho detto che “le persone che vi seguono appoggiano la causa, non i volti (comunque utili se non necessari) che la portano avanti!”. Questo è vero e lo ribadisco, ma non vuol dire che la causa di per sé riesca sempre a smuovere le masse. Dare un volto alle nostre campagne è sempre energia fondamentale per farle decollare. Pensiamo a Greta Thunberg e alla lotta sui cambiamenti climatici, a Carola Rackete e ai salvataggi nel mediterraneo, a Marco Cappato e il movimento per un fine vita dignitoso… le istanze e le persone che le perseguono ci sono sempre state, ma riescono a coagularsi solo quando qualcuno ha il coraggio di metterci la faccia e mettersi in prima fila.

In conclusione

Per fare advocacy serve un’attenta pianificazione ed è necessario creare alleanze per l’obiettivo. Bisogna puntare ai decisori utilizzando la mobilitazione popolare e i mass media. Non sempre servono grandi numeri, soprattutto quando la nostra azione avviene a livello locale. La cosa più importante è sapere fin da subito che “la forza sta nella durata”, quindi la nostra pianificazione deve essere lunga e prevedere momenti di valutazione del percorso intrapreso.